L’ideatore è il dottor Silvio Giannandrea, psicologo della società cittadina, che ha trovato subito l’appoggio del vice presidente Cosimo Fiorentino: “A livello organizzativo siamo a buon punto. Sarà un servizio a disposizione dell’intera città e partiremo non appena terminerà l’emergenza Coronavirus: ci auguriamo in settembre. Daremo ai giovani disabili la consapevolezza di essere bravi a fare delle cose”
Continuano le iniziative finalizzate alla crescita e al sostegno dei ragazzi da parte della Reggio Calcio. La società di via della Canalina, dal prossimo settembre, darà vita a un nuovo ambizioso progetto destinato ai bambini disabili dai 4 ai 10 anni circa, allo scopo di fornire un servizio concreto alla collettività, a sostegno della disabilità. L’ideatore di tale iniziativa è lo psicologo della Reggio Calcio, il dottor Silvio Giannandrea, 32 anni, laureato in psicologia con successiva specializzazione attraverso un master in Psicologia dello sport conseguito a Milano, che ha trovato subito l’interesse del vice presidente della Reggio Calcio Cosimo Fiorentino, che si è fatto promotore del progetto in società.
Giannandrea, malgrado il Cornavirus siete già pronti a partire con questa nuova iniziativa?
“No, stiamo ultimando la fase di progettazione. L’obiettivo è quello di fornire un servizio ai ragazzini già giovani, limitati da disabilità, utilizzando lo sport come strumento per fornire loro competenze fondamentali nel processo di crescita attraverso il gioco: i ragazzi, infatti, con un’ora a settimana in palestra, potranno divertirsi allenandosi, stimolando attraverso il gioco competenze specifiche quali l’attenzione, la concentrazione, la memoria e altre idee formative. In pratica, questi ragazzi, continueranno a lavorare al di fuori della loro quotidianità attraverso il gioco, quindi senza accorgersene”.
Hai recentemente presentato l’idea alla Reggio Calcio che l’ha sposata con grande entusiasmo. Ora cosa vi manca per partire?
“Sì, la Reggio Calcio lavora con ragazzi di svariate età e con tante famiglie, ma il raggio d’intervento di questo progetto deve andare al di là degli iscritti: dev’essere infatti rivolto a tutti coloro che abbiano la necessità di dare ulteriori stimoli ai ragazzini diversamente abili. Il progetto sarà presentato alla Fondazione per lo Sport di Reggio che mi auguro possa individuare una palestra dove ricavare un’oretta a settimana, magari il sabato mattina”.
Avevi già proposto un progetto del genere in altre realtà?
“Sì, l’ho studiato e strutturato da tempo e presto lo presenteremo alle 550 famiglie della Reggio Calcio e a tutti coloro che saranno interessati, anche al di fuori del nostro contesto societario. L’obiettivo non è infatti insegnare calcio, ma lavorare in modo diverso, stimolando una coordinazione generale. Se ogni tassello andasse al proprio posto, come credo e spero da qui ad agosto, in settembre saremmo pronti per partire. Nel recente passato ho già sperimentato questo mi progetto in un’altra società ed è andata bene, ma qui ci sono numeri maggiori. Per informazioni e manifestazione di interesse basta inviarci una mail all’indirizzo reggiocalcio@reggiocalcio.re.it”.
In questo progetto ci sarai da solo o ti appoggerai ad altri collaboratori?
“Vedremo. Per esperienza ci sarà un operatore ogni due o tre bimbi, non di più, mentre i bimbi maggiormente problematici saranno gestiti individualmente. Ho diversi collaboratori, tutti laureati, che conosco il mondo della disabilità: dovremo quindi valutare le forze da mettere in campo in base al numero degli iscritti. Questi bambini devono già vivere una realtà diversa rispetto agli altri a causa della disabilità, quindi vogliamo creare un ambiente nel quale si sentano importanti, protagonisti, capaci di fare le cose. I bambini disabili ci danno tantissimo in termini di empatia e di emotività e questo rapporto biunivoco permette loro di crescere a livello individuale, acquisendo sicurezza e consapevolezza nei loro mezzi, qualunque essi siano”.
Un progetto del genere, quasi “ad personam” costerà molto…
“No, il nostro è un servizio che forniremo alle famiglia. Chiederemo finanziamenti agli organi competenti per abbassare il più possibile un’eventuale retta. L’obiettivo non è il nostro guadagno, ma dare servizi importanti a questi ragazzi per migliorare la loro crescita anche a livello sociale: prima vengono i bimbi, il resto è relativo”.